Lettera di una collega: si ritorna... felici
di Anna Gennari, AE OTS
Apro questo articolo con un immenso grazie… lo rivolgo al mio presidente Massimo, a Marco Toti, a Claudio Gasparini, a Lorenzo Girardi e a tutti i miei carissimi colleghi (Mirko, Bindo, Tommy, Massy, Ely, Ila, Peppe, Roby, Yuri, Paolino, Ale etc… ) che mi hanno sostenuto in questi due anni difficili… e non potrei fare altrimenti…
Il ringraziamento ha la priorità su tutto perché è rivolto a tutte quelle persone (non tutte, ma abbastanza… perché la vera l’amicizia e l’affetto non sono di tutti ma di pochi ) che mi sono state vicino nel mio ritorno in campo.
Mi sono preparata il discorso più e più volte nella testa… tante parole, belle parole, sensazioni eppure adesso mi trovo qui con tante cose da dire e non so da dove iniziare…
Il 5 dicembre sono tornata in campo dopo un anno e mezzo di lontananza dall’arbitraggio ed è stato come rinascere… Un grosso problema mi ha tenuto lontano dal campo per molto tempo ed è difficile spiegare cosa si prova… sentire e vedere le proprie gambe diminuire ogni giorno di grinta e forza, non sentire più la sicurezza dell’allenamento, provare dolore fisico e non trovare nessuno che ti dia una risposta medica al problema.
Quando la diagnosi (dopo più di un anno) mi ha confermato una sindrome compartimentale ad entrambe le gambe, ho deciso di operarmi subito. Ho vissuto i mesi prima dell’intervento in modo veramente strano… ero felicissima di operarmi (sono stata sorridente fino e dentro la sala operatoria).
Dopo l’intervento ho passato un periodo bruttissimo per via di una complicazione che sembrava avere la meglio sulla riuscita dell’intervento e ho passato momenti davvero difficili (che chi ha vissuto con me quel periodo ricorda bene il male e le mie codizioni fisiche) dove però ho potuto sentire l’affetto e la forza di tutti i colleghi e gli amici cari che non volevano vedermi abbattuta.
Quel sabato è stato emozionantissimo “rispolverare” il mio borsone, la mia divisa sempre ben piegata, il mio fischietto rosso e mentre mi preparavo per partire ripensavo a quell’anno e mezzo…
Un anno e mezzo di pianti, di delusioni, di rabbia che non potevo sfogare, di paura, di preoccupazione e frustrazione.
Qualcuno potrà dire che sono parole esagerate ma non lo sono... solo chi arbitra, chi adora profondamente l’arbitraggio e il calcio può capire la sofferenza che c’è quando lo si può solo guardare da lontano, su uno spalto, dove a ogni fallo si salta sul posto pronti a fischiare come se si fosse in campo al posto del collega.
Questa esperienza mi ha fatto molto pensare e lavorare su me stessa e sulla mia personalità, mi ha dimostrato quanto posso essere forte, mi ha fatto capire le mie debolezze, i mie limiti e le mie paure, ma soprattutto mi ha confermato quanto amo arbitrare.