Il Personaggio della Settimana: Marco Cesaroni
a cura della redazione
Marco Cesaroni, 28 anni (di cui 10 di tessera), da due anni arbitra le migliori partite di Promozione ed Eccellenza in giro per tutta Italia poichè appartiene all'organo tecnico della CAI. In bocca al lupo sperando che Marco possa raggiungere tutti i suoi obiettivi!!
Hai incarichi associativi? Se sì quali? Sì, sono consigliere sezionale.
Cosa vuol dire per te essere arbitro? L’avessi capito…Non ho la presunzione di poter affermare di conoscere il significato di essere arbitro, posso solo permettermi di raccontare quello che ho scoperto voglia dire, almeno sino ad ora; perché ogni giorno di appartenenza all’associazione più stravagante alla quale potessi avvicinarmi, è un giorno per conoscerla meglio, un giorno per renderla sempre più mia, un giorno per capire la straordinarietà di 30 000 persone che, la maggior parte delle quali, senza nulla in cambio portano avanti un ruolo, coltivano, ma soprattutto permettono ad altri di coltivare una passione. Prima di entrare nell’AIA, essere arbitro era una cosa da cui stare lontani, appena entrato è diventato lo sport individuale della domenica; più il tempo passava e quella casacca che “solo”, nello spogliatoio indossavo, prendeva sempre più forma di me, diventava un qualche cosa di strano ma piacevole che tendeva a legarmi all’attività che stavo facendo. E poi, l’essere arbitro è stato scoprire che in campo e in quello stesso spogliatoio non si era mai “soli”, ma solo lasciati liberi di sbagliare e allo stesso tempo di imparare, oculatamente osservati e protetti quando ce ne fosse stata la necessità. Essere arbitro è stato rendersi conto di aver fatto una scuola di vita, per la vita, quella di tutti i giorni, che rende ognuno di noi arbitri con un qualche cosa in più rispetto a tanti altri. L’essere arbitro è stato scoprire di appartenere ad una famiglia che ti accoglie e ti stringe a sè in ogni posto o località lontana da casa in cui per un motivo o per un altro ti trovi ad essere, solo ed esclusivamente per il fatto di essere un altro arbitro. L’essere arbitro oggi è riconoscere di avere avuto straordinariamente tanto dalla mia associazione e sentire la voglia di poter rendere indietro almeno qualche cosa quando ne sarà il momento.
Che suggerimento daresti ad un giovane arbitro? Vorrei dire loro tante cose, raccontare di tutti gli errori e gli sbagli che ho fatto, in maniera tale da aiutarli a non commetterne uguali, ma so che non servirebbe, perché ognuno di loro deve vivere la propria esperienza e assaporare passo passo gioie e dolori che questo nostro mondo è in grado di dare. Ma dico loro di non cedere mai quando andranno incontro ad esperienze tristi, mancate soddisfazioni ed aspettative, perché sono solo momenti, a cui bisogna fare fronte per averne altrettanti straordinari e libidinosi, mantenendo però, sempre coscienza di ciò che si è vissuto, nel bene e nel male.
Cosa vuol dire per te essere arbitro? L’avessi capito…Non ho la presunzione di poter affermare di conoscere il significato di essere arbitro, posso solo permettermi di raccontare quello che ho scoperto voglia dire, almeno sino ad ora; perché ogni giorno di appartenenza all’associazione più stravagante alla quale potessi avvicinarmi, è un giorno per conoscerla meglio, un giorno per renderla sempre più mia, un giorno per capire la straordinarietà di 30 000 persone che, la maggior parte delle quali, senza nulla in cambio portano avanti un ruolo, coltivano, ma soprattutto permettono ad altri di coltivare una passione. Prima di entrare nell’AIA, essere arbitro era una cosa da cui stare lontani, appena entrato è diventato lo sport individuale della domenica; più il tempo passava e quella casacca che “solo”, nello spogliatoio indossavo, prendeva sempre più forma di me, diventava un qualche cosa di strano ma piacevole che tendeva a legarmi all’attività che stavo facendo. E poi, l’essere arbitro è stato scoprire che in campo e in quello stesso spogliatoio non si era mai “soli”, ma solo lasciati liberi di sbagliare e allo stesso tempo di imparare, oculatamente osservati e protetti quando ce ne fosse stata la necessità. Essere arbitro è stato rendersi conto di aver fatto una scuola di vita, per la vita, quella di tutti i giorni, che rende ognuno di noi arbitri con un qualche cosa in più rispetto a tanti altri. L’essere arbitro è stato scoprire di appartenere ad una famiglia che ti accoglie e ti stringe a sè in ogni posto o località lontana da casa in cui per un motivo o per un altro ti trovi ad essere, solo ed esclusivamente per il fatto di essere un altro arbitro. L’essere arbitro oggi è riconoscere di avere avuto straordinariamente tanto dalla mia associazione e sentire la voglia di poter rendere indietro almeno qualche cosa quando ne sarà il momento.
Che suggerimento daresti ad un giovane arbitro? Vorrei dire loro tante cose, raccontare di tutti gli errori e gli sbagli che ho fatto, in maniera tale da aiutarli a non commetterne uguali, ma so che non servirebbe, perché ognuno di loro deve vivere la propria esperienza e assaporare passo passo gioie e dolori che questo nostro mondo è in grado di dare. Ma dico loro di non cedere mai quando andranno incontro ad esperienze tristi, mancate soddisfazioni ed aspettative, perché sono solo momenti, a cui bisogna fare fronte per averne altrettanti straordinari e libidinosi, mantenendo però, sempre coscienza di ciò che si è vissuto, nel bene e nel male.
Quale evento ricordi più volentieri dei tuoi trascorsi arbitrali? Racconta, poi l’emozione che provi nell’arbitrare partite di Promozione ed Eccellenza in giro per tutta l’Italia. Ne avrei da ricordare. L'ultimo ricordo è di quest’anno alla CAI. Partita in Campania, viaggio in macchina sotto una tempesta di neve che mi ha fatto arrivare in albergo dopo 12 ore di viaggio alle 4 della mattina antecedente la gara, con Antonio (Antonio e Vincenzo erano gli assistenti di quella gara) che si era occupato di ogni minuzia relativa all’organizzazione della mia trasferta, rimasto ad aspettarmi sino a quell’ora tarda con le chiavi della camera. Ricordo l’abbraccio al mio arrivo dopo quella che era sembrata un'interminabile traversata, il risveglio con Antonio già pronto ad aspettarmi nella Hall dell’albergo per fare colazione assieme, ed avviarci verso Vincenzo che ci aspettava nel luogo d’incontro prestabilito. Il viaggio in macchina verso Salerno, con lezioni di dialetto Napoletano e relativa sosta per apprezzare le goloserie locali quali mozzarelle di bufala e quant’altro (questa è un eccezione che conferma la regola). Il pre-gara, i suggerimenti ed i consigli durante i colloqui che ci davamo l’un l’altro….. la gara, la prima in Campania per me….ma non è finita, al ritorno la storia e il racconto delle loro tradizioni tramite la recita del presepe vivente, la gioia nel loro volto nel presentarmi ad ogni loro conoscente, come l’arbitro, il loro collega del Nord come se avessi chissà di che straordinario. Tanto il piacere dell’esperienza vissuta che il ritorno a casa fu ancora a notte fonda, ma il Lunedì quando ripensai al fine settimana trascorso dissi tra me e me: “Tra le tante cose questo weekend ho anche arbitrato!”.
Quanto scritto credo possa rispondere ad entrambe le domande, questo è ciò che si prova ogni qual volta si va in una regione diversa, e si incontrano persone speciali, che sono lì ad aspettarti e ad aiutarti in ogni modo loro possibile, con le quali dividere soddisfazioni e affrontare la partita.
Come definiresti il tuo modo di arbitrare? A chi ti ispiri e qual è il tuo arbitrio preferito? Molti dicono che il mio modo di arbitrare sia il cosiddetto “all’inglese”, e se tanti lo ripetono forse un po’ di verità c’è. Ma non esiste un modo di arbitrare unico, e per questo la CAI ne è una vera scuola. Come arbitro preferito…bè…quest’anno incontrai un arbitro in treno verso Roma, si presentò e mi disse che il suo nome era Valeri… io…gli chiesi a che OT appartenesse!!! Non ho arbitri preferiti a cui ispirarmi, e poco seguo i nomi dei più famosi tramite giornali e TV, ma cerco di prendere peculiarità da ogni arbitro con cui ho la fortuna di rapportarmi…magari in allenamento… di confrontarmi, e di condividere esperienze, dal più giovane al più vecchio e famoso.
Un tuo pregio ed un tuo difetto? Be, come pregio posso senz’altro menzionare quello di mettermi sempre in dubbio, di fare continua autocritica imparando dagli errori commessi; come difetto….quale dei tanti?... Poco diplomatico e, qualche volta dicono, che appaio un po’ altezzoso!
Qual è l’obiettivo che speri di raggiungere in questa stagione? Ma.. vista l’esperienza un terzo anno alla CAI lo farei volentieri se possibile….ipocrisia portami via…. l’obiettivo è sempre la categoria superiore ovviamente! A tal proposito vorrei citare una frase che sentii dire ad un raduno arbitri e che racchiude perfettamente il mio pensiero in proposito: "Punta sempre alla luna, poi…non sempre ci potrai arrivare, ma almeno potrai dire di aver vagabondato tra le stelle!”
Quanto scritto credo possa rispondere ad entrambe le domande, questo è ciò che si prova ogni qual volta si va in una regione diversa, e si incontrano persone speciali, che sono lì ad aspettarti e ad aiutarti in ogni modo loro possibile, con le quali dividere soddisfazioni e affrontare la partita.
Come definiresti il tuo modo di arbitrare? A chi ti ispiri e qual è il tuo arbitrio preferito? Molti dicono che il mio modo di arbitrare sia il cosiddetto “all’inglese”, e se tanti lo ripetono forse un po’ di verità c’è. Ma non esiste un modo di arbitrare unico, e per questo la CAI ne è una vera scuola. Come arbitro preferito…bè…quest’anno incontrai un arbitro in treno verso Roma, si presentò e mi disse che il suo nome era Valeri… io…gli chiesi a che OT appartenesse!!! Non ho arbitri preferiti a cui ispirarmi, e poco seguo i nomi dei più famosi tramite giornali e TV, ma cerco di prendere peculiarità da ogni arbitro con cui ho la fortuna di rapportarmi…magari in allenamento… di confrontarmi, e di condividere esperienze, dal più giovane al più vecchio e famoso.
Un tuo pregio ed un tuo difetto? Be, come pregio posso senz’altro menzionare quello di mettermi sempre in dubbio, di fare continua autocritica imparando dagli errori commessi; come difetto….quale dei tanti?... Poco diplomatico e, qualche volta dicono, che appaio un po’ altezzoso!
Qual è l’obiettivo che speri di raggiungere in questa stagione? Ma.. vista l’esperienza un terzo anno alla CAI lo farei volentieri se possibile….ipocrisia portami via…. l’obiettivo è sempre la categoria superiore ovviamente! A tal proposito vorrei citare una frase che sentii dire ad un raduno arbitri e che racchiude perfettamente il mio pensiero in proposito: "Punta sempre alla luna, poi…non sempre ci potrai arrivare, ma almeno potrai dire di aver vagabondato tra le stelle!”