Trasferte di ieri e trasferte di oggi
di Antonio Vitale, OA OTS
Racconto liberamente tratto dai ricordi dell'a.b. Angelo Alberghetti
Alcuni giorni fa incontrando un amico, che conosce la mia passione per l'arbitraggio, mi ha riferito la sua meraviglia ed il suo stupore nel vedere i nostri giovani arbitri raggiungere il campo sportivo con il ciclomotore.
Aveva intuito che molti dei nostri ragazzi fanno parecchi chilometri per raggiungere il campo sportivo e che quindi si sottopongono prima delle difficoltà del campo a quelle della strada.
Per coltivare la passione dell'arbitraggio una volta esaurite le designazioni dei campetti sotto casa e una volta cresciuti di categoria occorre che il giovane arbitro affronti le sue prime trasferte il più delle volte in compagnia dei genitori in auto e qualche volta in ciclomotore fra il traffico e con il rischio di beccarsi la sanzione amministrativa per il trasporto di oggetto ingombrante (leggi borsone).
Prima di partire nel massimo della concentrazione pregara occorre che il nostro giovane collega per più volte tranquillizzi i propri genitori con frasi del tipo “ Non ti preoccupare vado piano” e risponda alla frase “ Dopo che ti sei fatto la doccia asciugati bene i capelli e copriti bene prima di prendere il motorino” “Tranquilli nel borsone ho caricato il fono”.
Per certe gare di categoria in ossequio alle direttive del “Pres” (leggi Massimo) bisogna abbigliarsi con la giacca, che é incompatibile con l'infagottamento da ciclomotore, per cui occorre che il nostro si fermi da qualche parte per fare un breve cambio d'abito prima di presentarsi al campo sportivo.
Alla base di quanto sopra vi è la sola passione per fare l'arbitro.
La stessa passione che tanti anni fa muoveva gli arbitri di allora. A tal proposito vi voglio raccontare di un episodio narratomi dal nostro arbitro benemerito Angelo Alberghetti.
Anni di appena dopo la fine della seconda guerra mondiale il nostro associato viene designato per una gara da disputarsi in Urbino il giorno 8 Dicembre festa dell'Immacolata.
Allora di mezzi propri non ne esistevano ed erano proibiti, occorreva prendere mezzi pubblici, che a quel tempo erano per lo più residuati bellici riadattati alla bene e meglio utilizzando le demolizioni più svariate.
La stazione delle corriere non c'era ed il punto di partenza, alle ore 16,00, si trovava dove ora c'è l' agenzia di viaggi di Piazzale Matteotti. Si partiva il giorno prima della gara perché le corse non erano numerose e pertanto bisognava anticipare il viaggio dato anche che nei giorni festivi il servizio pubblico non veniva svolto.
Che viaggio! Le strade che c'erano erano quelle che erano, imbrecciate con le buche e numerosi “volt” (curve) ma la cosa più a rischio era il guado dei fossi, torrenti e fiumi che privi di ponticelli e ponti (minati e distrutti per il passaggio del fronte bellico) dovevano essere affrontati dal trasporto (camion generalmente DODGE centinati e coperti da teloni) attraverso ripide discese verso il corso dell'acqua, l'attraversamento dello stesso e la ripida salita verso ciò che restava della strada.
Un viaggio che ora si affronta in 30/40 minuti e che allora occorreva anche una mezza giornata tanto che il nostro collega partito alle ore 16,00 da Pesaro é arrivato in Urbino in serata..
L'alloggio per la sera era stato consigliato da un compagno di scuola di origine urbinate che come unica indicazione gli aveva riferito di presentarsi a suo nome presso una famiglia.
Dopo aver bussato a quella porta chi gli é andato ad aprire conoscendo il nome dell'ambasciatore fece accomodare l'ospite in casa offrendogli la cena ed un posto per dormire.
La camera da letto era un grande stanzone con un soffitto molto alto oltre i quattro metri e per difendersi dal rigore della temperatura invernale vi erano solo delle coperte con topi che correvano in F1 sopra il soffitto.
Al mattino una volta alzatosi, fatta un po' di colazione il nostro Angelo si reca con la propria borsa in piazza ad Urbino dove alla bacheca della società sportiva con sua somma sorpresa vede affisso un telegramma della Federazione dove veniva riportato il seguente testo: “ Gara fra _____ e _______ rinviata per neve”.
Si va bene aveva nevicato, la gara non si sarebbe svolta ma come tornare al più presto a casa visto che era anche festa?
Angelo non si perde d'animo si ricorda che ad Urbino vi era una cooperativa di lavoro dove conosceva un addetto e sicuro che qualcuno fosse a lavoro con passo veloce arrivò alla sede della cooperativa.
Lì venne riconosciuto immediatamente dal conoscente che si stupì della sua presenza in Urbino sopratutto per la giornata festiva.
Il nostro associato gli disse di trovarsi in Urbino perché era l'arbitro della gara rinviata per neve e questi di risposta gli disse in dialetto urbinate “ ma sa si matt!”.
“Matt” o non “Matt” il problema era ritornare a casa.
L’addetto alla cooperativa gli disse che una soluzione ci poteva essere ma che doveva pazientare l'arrivo di un camioncino di Falconara di un grossista di frutta e verdura che aveva consegnato nel pomeriggio la merce ad Urbino e che appena scarico sarebbe ritornato verso la costa ed avrebbe potuto dare un passaggio al nostro collega in cabina di guida.
Speranzoso nella soluzione trovata Angelo ringrazia ed attende l'arrivo dell'autocarro del grossista. Quest'ultimo (giunto alla solita ora) disponibile alla richiesta di passaggio, fa presente che però non può ripartire subito in quanto deve caricare il mobilio del tenente dei carabinieri trasferito da Urbino a Falconara Marittima.
Nulla di male, si disse fra sé Angelo, che attese per alcune ore il ritorno del grossista che quando riapparve aveva già a bordo in cabina la moglie del tenente con in braccio un neonato.
Le cabine d'allora non erano capienti, spaziose e confortevoli come quelle degli autocarri di oggi per cui le soluzioni erano poche: o restare in Urbino un'altra notte o affrontare il viaggio nel cassone.
L'opzione fu la seconda ma il cassone era colmo di mobili e suppellettili domestiche varie tanto che l'unico posto di fortuna rimasto si trovava sopra due armadi.
Di sera imbacuccatosi alla bene e meglio, alzato il bavero del cappotto e sistematosi all'aria del cassone, privo di qualsiasi copertura, Angelo inizia il viaggio di ritorno sobbalzando sui due armadi ad ogni scossone della strada ed aggrappandosi ad essi ad ogni “volt” per non rischiare di cadere dall'autocarro.
Viaggio “confortevole” e soprattutto ben ammortizzato dagli armadi.
Dopo alcune ore di viaggio il camioncino arriva finalmente alla stazione di Fano dove il nostro collega saluta i propri compagni di viaggio, con i quali “sic” aveva avuto, come potete immaginare, una amabile conversazione “doppio sic” e si fionda con le ultime forze rimaste nel bar della stazione dove per riscaldarsi ha ordinato e bevuto due ponch.
E per il ritorno a Pesaro? Il solito treno delle 19,50.
La storia in un prossimo episodio.
Al termine di questo racconto la morale é che, sia ieri che oggi, per fare l'arbitro ci vuole una grande passione.